
L'importanza del font
Paolo Fusco – Graphic designer & Copywriter
Le parole non sono tutte uguali. Chiunque sia abituato a scrivere per divulgare il proprio messaggio sa quanto sia delicato, talvolta, scegliere un termine piuttosto che un altro. Spesso, purtroppo, sottovalutiamo che ad essere cruciale non è solo la scelta dei termini da usare, ma anche quella del “vestito” che diamo alle nostre parole, ovvero al carattere tipografico (font) che scegliamo.
Il font comunica in modo subliminale, indiretto, ma comunica. E se il contenuto del messaggio non è coerente con lo stile del carattere, l’efficacia comunicativa diminuisce (nessuno vorrebbe ricevere un estratto conto dalla propria banca redatto con i caratteri della Disney!).
Più che addentrarsi in teorie, che rischiano di apparire astratte, è utile soffermarsi ad analizzare casi reali, dai quali c’è sempre molto da imparare.
Il settore automotive ci ha offerto negli ultimi mesi un paio di casi interessanti.

Renault ha proposto nel corso del 2021 un restyling del proprio marchio aziendale, seguendo una tendenza assai diffusa nel settore che vede il progressivo abbandono dei marchi ad effetto “cromato” e tridimensionale, in favore di uno stile più essenziale e minimalista.
Ma Renault non si è fermata qui, ed ha compiuto un passo ulteriore (e coraggioso), eliminando del tutto il lettering (cioè la denominazione aziendale) da buona parte della propria comunicazione! Queste due scelte, già di per sé impegnative, sono state sottolineate poi dal cambiamento del font istituzionale.
Le differenze tra il nuovo ed il vecchio font a prima vista possono apparire minime, ma come accade spesso, la qualità sta nei dettagli. Va detto innanzitutto che il precedente font istituzionale (Renault Life), come suggerisce il nome, era un font proprietario, ovvero disegnato espressamente da Renault, contrariamente al nuovo (Nouvel R). Già questa scelta, diciamo “politica” è significativa. Come a dire che le auto Renault sono “per tutti”.
Se osserviamo poi come stanno cambiando i design delle carrozzerie negli ultimi anni, è chiaro che le scelte di comunicazione visiva (anche i font) stanno seguendo coerentemente un processo che inizia appunto dalla forma dei veicoli. Le linee eccessivamente morbide e rotondeggianti stanno lasciando il campo a spigoli più netti e decisi (l’evoluzione della Clio nelle ultime 3 versioni è in tal senso emblematica).

Questo processo è ancora più evidente nell’altra marca del gruppo Renault, ovvero Dacia.
Qui le analogie tra restyling delle carrozzerie e restyling del marchio è ancora più evidente.
La calandra, i gruppi ottici anteriori, ripropongono quelle stesse linee che sono state utilizzate nel nuovo marchio e nel nuovo lettering.
In questo caso evidentemente pesa il fatto che il modello più venduto (Duster) sia un SUV: il font è chiaramente un invito all’avventura, esprime solidità, compattezza, affidabilità (ben più del marchio precedente, complice anche il colore scelto).
Se il restyling di Renault non è così fortemente caratterizzato lo si deve quasi certamente al fatto che in quel caso la gamma di veicoli è ben più vasta e (fortunatamente) le vendite non sono concentrate in un segmento specifico del mercato come invece sta accadendo per Dacia.

Cambiando totalmente settore, un caso “estremo” in cui il font assume un livello di importanza enorme è la locandina del film Nymphomaniac.
Il regista, Lars Von Trier non è nuovo a provocazioni, eccessi e scandali di ogni tipo.
Nel 2013 tornò con una pellicola che nuovamente fece parlare di sè, sia per l’argomento (il confine con la pornografia era veramente labile), sia per la durata (due film usciti separatamente per una durata complessiva di poco meno di 4 ore) che per altri motivi che non è il caso di approfondire qui.
La cosa su cui è doveroso riflettere è che anche il visual grafico proposto, che aveva chiaramente lo scopo di incuriosire, riesce a pieno nel suo intento proprio grazie alla scelta minimale di usare semplicemente un segno tipografico, due parentesi tonde (che evidentemente in questo caso sottintendono ben altro…), che risultano perfettamente funzionali al messaggio unicamente per il tipo di font scelto.
È significativo che in un settore come quello cinematografico, dove l’immagine fa da padrona, dove la computer graphic e l’animazione 3D ci hanno abituati ad effetti speciali straordinari, ci sia chi ancora decide di puntare invece sulla magia e sulla capacità comunicativa del carattere tipografico puro e semplice.
Se finora la tipografia riguardava solo il caso limitato dei titoli di testa o di coda (unico contesto in cui in un film si utilizzano parole scritte), Lars Von Trier, il cui sport preferito (e molto riuscito) pare essere quello di infrangere regole (anche quelle create da lui stesso!) ci spiazza ancora una volta con questa locandina dove il “non detto” (o il “non visto”) conta molto di più di ciò che si vede. Tra parentesi.